La riforma della PAC riduce i finanziamenti. Parlamento all’opera per trovare una mediazione e salvaguardare le imprese agricole. Cruciale il ruolo degli investimenti in sostenibilità ambientale delle produzioni.
Il 2020 è un anno cruciale per il futuro dell’agricoltura europea, e quindi, italiana. Con la chiusura del ciclo di investimenti settennale dell’Ue 2014-2020 e l’inizio del nuovo (2021-2027) l’Unione si trova, complici anche le recenti elezioni, a prendere consapevolezza dell’impossibilità di rendere operativa la nuova Politica Agricola Comune entro il 2021.
Per questo la Commissione europea ha proposto dei regolamenti transitori che dovranno essere discussi dal Consiglio UE e dall’Europarlamento.
Le soluzioni prospettate avrebbero effetti decisamente drastici per l’Italia che, per il 2021, rischia di perdere 370 milioni di euro di fondi. Nel caso dell’Italia, le risorse PAC ammontano a 36,3 miliardi di euro in prezzi correnti e a 32,3 miliardi in prezzi costanti 2018, di cui oltre 22,1 miliardi per i pagamenti diretti, circa 2,2 miliardi per le misure di mercato e 7,9 miliardi per lo sviluppo rurale. Un calo significativo rispetto agli oltre 41 miliardi della PAC 2014-2020, di cui 27 miliardi per i pagamenti diretti, 4 miliardi per le misure di mercato e 10,5 miliardi per lo sviluppo rurale.
A rimetterci di più sarebbero la Puglia (38,6 milioni), seguita dalla Sicilia (37,7) e, al terzo posto, la Lombardia con un taglio di oltre 32 milioni.
Giovedì 6 Febbraio alle ore 10, durante il Fruit Logistica, nell’ambito dell’Italian Fruit Village, l’europarlamentare Giuseppe Milazzo, membro della Commissione AGRI e PESCA, insieme a Federica Argentati, presidente Distretto Agrumi di Sicilia – Rosario Rago, componente giunta nazionale Confagricoltura e Giovanni Giugliano, direttore GAL “Terra è Vita”, interverrà in un convegno per fare il punto della situazione e aggiornare le aziende italiane presenti sul dibattito in corso.
Abbiamo sentito in anteprima il deputato aderente al gruppo del Partito popolare europeo e compenente delle commissioni AGRI e PESCA dell’europarlamento per chiedergli se effettivamente sia così fosco il futuro per l’Agricoltura Italiana.
La proposta sul nuovo bilancio pluriennale dell’Unione europea che arriva dalla presidenza di turno Finlandese e che coprirà il periodo 2021-2027, vede pesanti tagli alla Politica Agricola Comune. Secondo quanto leggiamo in totale gli impegni dovrebbero essere per 1.087 miliardi di euro, ossia l’1,07% del Reddito nazionale lordo dell’Ue a 27. La differenza con la posizione del Parlamento, l’1,16%, è notevole. Si vedrà nei cosiddetti Triloghi (riunioni di compromesso tra Commissione europea, Consiglio e Parlamento) se si riuscirà a trovare un terreno di intesa. In quanto siciliano sono preoccupato per il drastico decremento degli stanziamenti per i pagamenti diretti agli agricoltori che passano da 308 miliardi a 254 nell’UE. Un taglio che pesa sulle possibilità di sviluppo rurale in particolare per quelle regioni che fondano buona parte della loro economia sul comparto agricolo.
Che margini di manovra ha il parlamento nel poter modificare i regolamenti della Commissione?
Solo dopo il trattato di Lisbona nel 2007 e l’introduzione della possibilità di consultazione il Parlamento ha avuto un peso maggiore in materia agricola. Resta il fatto che il Parlamento europeo non dispone di un potere vincolante per modificare nella sostanza le proposte di regolamento della Commissione. Il Consiglio europeo ha potere decisionale finale sul regolamento. Allo stesso tempo il Parlamento rappresenta i cittadini ed è interesse del Consiglio stesso tenere conto della posizione parlamentare.
La PAC sostiene la svolta green voluta dalla Commissione, è possibile in questo senso provare a salvaguardare le aziende che hanno fatto investimenti per ridurre l’impatto delle loro attività?
Clima e ambiente sono diventati prioritari nei dibattiti e nelle decisioni a tutti i livelli: agricolo, ittico, energetico, industriale, nell’ambito del trasporto. Nella proposta per il nuovo regolamento della PAC formulata dalla commissione europea si dà grande importanza al ruolo che l’agricoltura ricopre per mitigare gli effetti del cambio climatico. In questo senso già nel precedente piano pluriennale gli strumenti di finanziamento diretto agli agricoltori erano condizionali a pratiche di investimento, attente all’ambiente. Nella nuova proposta questi strumenti sono rafforzati. I pagamenti diretti saranno direttamente collegati alle buone pratiche ambientali e non più all’ampiezza delle terre coltivate. Esiste anche un meccanismo premiale per quelle aziende che vanno oltre gli obiettivi indicati.
Perché alcune regioni vengono penalizzate più di altre?
In realtà la sforbiciata è trasversale e proporzionale. In termini assoluti le regioni che percepivano più stanziamenti sono quelle che, negli stessi termini, vedranno diminuire di più l’ammontare degli stanziamenti. Si calcola in 370 milioni la perdita di fondi per l’Italia e la Brexit è la prima delle cause di questa riduzione. Quei 370 milioni vanno a toccare i recipienti maggiori in primis e poi via via quelli minori. Va da sé che quantitativamente la vocazione agricola di regioni come Puglia o Sicilia non ha la stessa rilevanza di quella di Valle D’Aosta o Abruzzo per fare solo qualche esempio. Da qui le disparità.
Cosa può fare o dovrebbe fare il governo nazionale e le associazioni di categoria per aiutare l’azione degli eurodeputati italiani in questa battaglia?
Sicuramente in questa battaglia ognuno può fare qualcosa nell’ambito delle proprie responsabilità e competenze. Il governo italiano sedendo nel Consiglio europeo è sicuramente l’attore principale di questa battaglia nazionale. Dovranno essere gli attuali governanti a far sentire le istanze del comparto agricolo nazionale. Per quanto riguarda gli eurodeputati italiani, solo facendo gruppo comune si potrà ottenere qualcosa. Concretamente sarà impossibile invertire la tendenza a causa delle minori risorse che il Bilancio dell’UE effettivamente ha ma almeno dovremmo batterci per mitigare il taglio e ridurre il più possibile. 370 milioni per il prossimo periodo sono una “bastonata” per i nostri agricoltori. Diminuire quel numero facendo fronte comune è l’unica possibilità che il sistema Italia, ossia tutti i rappresentanti del Bel Paese nelle istituzioni, hanno per limitare gli effetti negativi.